Il 29 ottobre si celebra, come ogni anno, la Giornata Mondiale contro l’Ictus cerebrale e la World Stroke Organization ha voluto per l’edizione 2021 focalizzare l’attenzione sulla prevenzione. Nel Presidio ospedaliero Vito Fazzi i medici dei reparti di Neurologia e Neuroradiologia effettueranno, nel plesso Dea, visite ed eco color doppler dei tronchi sovraortici a pazienti già prenotati tramite CUP con priorità B, D e in lista da più tempo. Un’iniziativa per smaltire le liste d’attesa e per sensibilizzare sui fattori di rischio cardio-cerebrovascolari e sui corretti stili di vita. I pazienti coinvolti sono stati contattati direttamente dal reparto di Neurologia.
La Stroke Unit di Lecce è punto di riferimento per tutta la popolazione della provincia.
Dall’ottobre 2011 al 24 ottobre 2021 sono stati eseguite 1.115 trombolisi endovenose e 255 trombectomie intrarteriose (neuroradiologia interventistica) su un totale di oltre 3.400 ricoveri in Stroke unit.
L’età media dei pazienti con ictus rimane abbastanza stabile nel tempo, attestandosi intorno a 65 anni.
La durata media della degenza dei pazienti in Stroke unit è andata incontro ad una riduzione nel corso degli anni, passando da 8 giorni a 6 giorni in media.
Nel corso del 2020 nella Strok unit ci sono stati 364 ricoveri per ictus, di cui 256 legati a ictus ischemici e 108 a ictus emorragici; sono stati eseguiti 118 Trombolisi RV, 43 Trombectomia primaria e 25 trattamenti in versione coordinata.
Nel mondo ogni anno l’ictus cerebrale colpisce circa 15 milioni di persone e anche in Italia i dati sono preoccupanti: circa 100.000 persone/anno (un terzo non sopravvive a un anno dall’evento, mentre un altro terzo sopravvive con una significativa invalidità). Il numero di persone che attualmente vive in Italia con gli esiti invalidanti di un ictus ha raggiunto la cifra record di quasi un milione.
Altro aspetto di particolare rilievo, anche per l’impatto sulla spesa socio-sanitaria, è il dato secondo il quale ogni anno ben 10.000 casi di Ictus interessano una popolazione di età inferiore ai 54 anni di età: soggetti in piena età lavorativa per i quali l’impatto della malattia, in termini di riduzione dell’autosufficienza e di incidenza sui bisogni assistenziali, è particolarmente gravoso.
Questi sono sicuramente “numeri” che preoccupano, e che rappresentano l’impatto sociale ed economico che l’ictus ha sulla nostra società L’Osservatorio Ictus in Italia si propone quattro obiettivi prioritari da raggiungere nel prossimo decennio: ridurre il numero assoluto di casi di ictus nel nostro Continente del 10%; trattare il 90% o più delle persone colpite nelle Stroke Unit come primo livello di cura; favorire l’adozione di piani nazionali che comprendano l’intera catena di cura, dalla prevenzione primaria alla vita dopo l’ictus; implementare strategie di sanità pubblica che promuovano e facilitino uno stile di vita sano.
I fattori di rischio cardio-cerebrovascolari sono principalmente: l’età, la pressione arteriosa, la colesterolemia, l’indice di massa corporea, il diabete, la familiarità; le condizioni a rischio modificabili sono: l’ipertensione arteriosa, l’obesità, e l’ipercolesterolemia; fra gli stili di vita: l’abuso di bevande alcooliche, l’abitudine al fumo e la sedentarietà.
Ferma restando l’importanza della prevenzione delle patologie cerebro e cardio-vascolari, il secondo punto su cui si può agire nel tentativo di combattere al meglio questa patologia è il fattore tempo: bisogna agire il prima possibile, appena si avvertono i primi sintomi che possano essere suggestivi di ictus cerebrale e contattare il 118 (o 112 dove attivo) per attivare il “Percorso Stroke”.
In questo percorso il paziente deve essere condotto tempestivamente presso la Stroke Unit più vicina, dove, dopo l’esecuzione di esami neuroradiologici mirati, potrà essere sottoposto al trattamento trombolitico endovenoso (infusione di un farmaco che ha lo scopo di sciogliere il trombo) o tromboendoarterioso (tramite un accesso periferico si raggiunge con una sonda il trombo e lo si aspira).
“Nostro obiettivo, nel prossimo futuro, è abbattere ulteriormente i tempi di accesso alla terapia post ictus, per aumentare la percentuale di successo e quindi diminuire ulteriormente la disabilità – ha dichiarato il primario del Reparto di Neurologia Dott Dino Barbarini – sono fiducioso sul fatto che il trasferimento al DEA, con la possibilità di percorsi intraospedalieri multidisciplinari ottimizzati, contribuirà al raggiungimento dell’obiettivo”.