ASL Lecce ha elaborato, nell’ambito dello Screening Mammografico, un progetto sperimentale per la prevenzione dei tumori eredo-familiari. Il percorso ha lo scopo di migliorare l’efficienza dello Screening sulla base del rischio eredo-familiare e, quindi, del profilo di rischio oncologico, e di gestire in modo appropriato e standardizzato, secondo il profilo di rischio identificato, la prevenzione oncologica nelle donne che accedono allo screening.
La fase sperimentale – che sarà avviata a breve – prevede per un mese l’arruolamento di donne di età compresa fra 50 e 54 anni sottoposte a screening mammografico nell’intera ASL Lecce.
Il direttore sanitario, Dott. Roberto Carlà, ha costituito un apposito Gruppo di lavoro che gestirà il progetto, coordinato dalla Dott.ssa Rosa Chiara Forcignanò e composto da: Dott. Franco Vantaggiato Pisanò, Dott.ssa Elisabetta De Matteis, Dott. Daniele Sergi, Dott. Sergio Apollonio, Dott. Fabrizio Quarta, Dott. Salvatore Mauro, Dott.ssa Maria Rita De Giorgio e Sig.ra Rita Tarantino.
Il percorso specifico e dedicato alle donne con elevato rischio di tumori eredo – familiari punta a identificare correttamente, tra le donne che accedono allo screening, quelle che hanno un elevato rischio eredo-familiare, e che necessitano quindi di attività personalizzate di sorveglianza stabilite in relazione allo specifico profilo di rischio, da svolgersi al di fuori dei programmi di screening.
“Le donne coinvolte nel progetto – ha dichiarato il Direttore sanitario Roberto Carlà – sono connotate da un più elevato rischio specifico rispetto alla popolazione compresa nel programma di Screening mammografico. Nostra intenzione è quindi intercettarle in maniera efficace e precoce. Il percorso frutto di un lavoro multidisciplinare, punta all’efficientamento e alla evoluzione dei programmi di screening oncologici e al miglioramento di efficienza dello screening mammario, con particolare riferimento alla frequenza prevista per la mammografia e di altri esami diagnostici che deve essere stabilita in maniera appropriata e secondo linee guida, in base al rischio eredo – familiare e, quindi, del profilo di rischio oncologico“.
La procedura prevede il coinvolgimento dei seguenti centri:
Centro screening
Centro Senologia
Ambulatorio dei Tumori eredo-familiari
Laboratorio di Genetica medica
Nel corso dei 30 giorni della fase sperimentale, a tutte le donne nella fascia di età 50-54 anni che accedono allo screening sarà somministrato, prima della mammografia, un questionario di valutazione del rischio. Le donne con esito mammografico negativo e un punteggio oltre-soglia del questionario riceveranno un appuntamento per la consulenza oncogenetica, presso l’Ambulatorio dei Tumori Eredo-familiari di Lecce. La consulenza, che può prevedere fino a tre incontri ed eventualmente uno o più test genetici, permetterà di identificare:
1.le donne che, sulla base della storia personale e familiare, hanno un rischio oncologico sovrapponibile a quello della popolazione generale e quindi possono continuare nel percorso screening
2.le donne che, sulla base della storia personale e familiare, e sulla base del test genetico, presentano un rischio elevato di tumori: queste donne escono dal percorso di screening e sono prese in carico dall’Ambulatorio dei Tumori Eredo-familiari per la gestione appropriata e standardizzata della prevenzione e della sorveglianza. La gestione del rischio elevato può includere la sorveglianza clinico-strumentale, la chirurgia profilattica, la chemioprevenzione.
Alla fine della fase sperimentale, verrà effettuata una valutazione delle attività sulla base di alcuni indicatori, per stimare il numero potenziale di donne ad alto rischio eredo-familiare nella fascia di età 50-54 che hanno necessità di un percorso di prevenzione dedicato. Le analisi delle tempistiche, delle risorse e della fattibilità permetteranno di ri-definire e strutturare la procedura in modo che da estenderla con efficacia a tutte le donne che accedono allo screening, indipendentemente dall’età.
Alcuni dati: Come risulta dal più recente rapporto AIRTum, il 5 – 7% dei carcinomi mammari risulta essere legato a fattori ereditari, un quarto dei quali determinati dalla mutazione di due geni BRCA 1 e/o BRCA2. Nelle donne portatrici di mutazioni del gene BRCA1 il rischio di ammalarsi nel corso della vita di carcinoma mammario è pari al 65% e nelle donne con mutazione del gene BRCA2 pari al 40%. Nelle donne portatrici di varianti patogenetiche del gene BRCA 1, l’insorgenza del carcinoma mammario avviene mediamente in età più precoce rispetto alla popolazione generale e, spesso, queste donne possono sviluppare carcinomi primitivi multipli. Inoltre, alterazioni dei geni BRCA aumentano significativamente il rischio di sviluppare un carcinoma ovarico/tubarico, in particolare del 43-76% per BRCA1 e del 7,5-34% per BRCA2.
In Puglia l’incidenza di tumori della mammella è pari a 2782 casi anno (Rapporto Registro Tumori 2015); in Provincia di Lecce vengono diagnosticati ogni anno mediamente 537 nuovi casi di carcinoma mammario e 73 nuovi casi di carcinoma ovarico. Inoltre, ogni anno circa 157 donne muoiono per carcinoma mammario e 43 donne per carcinoma ovarico (Rapporto 2015 AIRTUM 2008 – 2013). Stando a questi dati, si stima che ogni anno in provincia di Lecce si verificano circa 74 carcinomi della mammella e 35 carcinomi ovarici ereditari, cioè causati da una mutazione genetica ereditaria.
La ASL Lecce, con un bacino di utenza potenziale di notevoli dimensioni, e grazie a risorse già disponibili sul territorio (in termini di strumenti e personale formato), ha attivato a partire dal 2014 un ambulatorio dedicato alla prevenzione dei tumori eredo-familiari, guidato dalla dott.ssa Elisabetta De Matteis, oncologa genetista, che prevede un percorso per la consulenza oncogenetica e la presa in carico di persone a rischio aumentato. Presso l’Ambulatorio dei Tumori Eredo-Familiari del P.O. Vito Fazzi, relativamente alla sindrome mammella-ovaio, nel periodo compreso tra gennaio 2014 ed il mese di Ottobre 2020, sono state valutate un totale di 2282 persone, appartenenti a 1592 famiglie. Dei soggetti che hanno ricevuto una consulenza oncogenetica, sono 1308 gli affetti (con diagnosi di tumore, pregressa o presente), e 974 i soggetti sani (nessuna storia di neoplasie in anamnesi) che hanno ricevuto delle indicazioni più precise sulla prevenzione dei tumori. Adottare correttamente nella pratica clinica criteri standardizzati e condivisi (ad esempio per decidere chi fa il test genetico e per quale gene) permette di intervenire in modo ordinato sulla prevenzione oncologica nelle famiglie ad alto rischio, in particolare nei soggetti sani delle famiglie a rischio. Questo si traduce automaticamente non solo in una migliore presa in carico dei soggetti interessati, principalmente donne, ma anche in una migliore gestione delle risorse del sistema sanitario.