Uno studio coordinato dal Prof. Piero Portincasa, Direttore dellaClinica Medica “A. Murri” dell’Università di Bari, pubblicato in “European Journal of Internal Medicine”, rivista ufficiale della Federazione Europea di Medicina Interna, estende i risultati del gruppo di ricerca sull’impiego di tecniche non-invasive per lo studio della steatosi epatica, ormai la malattia epatica cronica più comune e insidiosa.
Lo studio è stato condotto in collaborazione con i colleghi internisti dell’IRCCS Ospedale Universitario Policlinico San Martino di Genova.
I ricercatori del gruppo di Bari avevano recentemente dimostrato che il “test al respiro” (breath-test) rilevava alterazioni precoci associate all’accumulo di grasso nel fegato in corso di malattie internistiche metaboliche.
“Lo studio dimostra – spiega il prof. Piero Portincasa, coordinatore dello studio – che l’accumulo di grasso può causare precocemente una riduzione della capacità del fegato di estrarre sostanze che provengono dall’intestino attraverso il flusso portale e può alterare il funzionamento dei microsomi, organelli la cui funzione è essenziale nell’epatocita. Questo tipo di evidenze ha un ruolo fondamentale per la prevenzione secondaria delle complicanze più gravi della steatosi”.
“Un’altra scoperta importante – precisa il dott. Agostino Di Ciaula, tra gli autori dello studio – è che queste alterazioni possono essere riconosciute precocemente utilizzando una tecnica diagnostica facilmente eseguibile e non invasiva come il test al respiro (breath test con isotopo stabile “carbonio 13”) per lo studio della funzione epatica “residua”.
Questo tipo di esame può essere agevolmente ripetuto per monitorare l’efficacia degli interventi proposti e, dal punto di vista della ricerca scientifica, assume fondamentale importanza per lo studio dell’asse intestino-fegato anche in una fase precoce e subclinica di danno epatico.
“I risultati pubblicati sull’European Journal of Internal Medicine – spiega Agostino Di Ciaula – ampliano le conoscenze fisiopatologiche delle relazioni tra accumulo di grasso intra- ed extraepatico, funzione microsomiale degli epatociti, livelli di adiponectina (ormone protettivo prodotto dal tessuto adiposo) e capacità del fegato di estrarre molecole che arrivano dall’intestino attraverso il flusso portale”.
Il Prof. Portincasa precisa: “in questa ricerca è interessante osservare come, grazie ad una tecnica non invasiva e ad un approccio tipicamente internistico a patologie che coinvolgono l’asse intestino-fegato-tessuto adiposo, sia possibile diagnosticare minime alterazioni metaboliche. Esse hanno un ruolo fondamentale nello sviluppo di patologie epatiche secondarie all’accumulo di grasso, con rilevanti implicazioni di prevenzione primaria e secondaria in almeno il 30-40% della popolazione adulta”.
Il titolo originale del lavoro è “Adiponectin involved in portal flow hepatic extraction of 13C-metacethin in obesity and non-alcoholic fatty liver” e gli autori sono Agostino Di Ciaula, Federico Carbone, Harshitha Shanmugham, Emilio Molina-Molina, Leonilde Bonfrate, Stefano Ministrini, Fabrizio Montecucco e Piero Portincasa.