Nuova tappa del nostro viaggio intorno ai grandi temi che riguardano la salute. Pochi giorni fa abbiamo incontrato la dott.ssa Marika Ragusa, psicologa e psicoterapeuta cognitivo comportamentale alla quale abbiamo chiesto cosa ne pensa dell’aumento delle malattie mentali registrato dallo scorso anno e della richiesta sempre più forte di aiuto psicologico.
1. D.ssa Ragusa, si parla con sempre più insistenza di aumento delle malattie mentali, è solo colpa del Covid?
Sicuramente oggi vi è maggiore attenzione alla malattia mentale e al disagio psicologico rispetto al passato, sia da parte degli adulti sia delle nuove generazioni, oltre ad una minore resistenza a prendersene cura e a parlarne; tuttavia, senza ombra di dubbio, il Covid-19 ci ha messi difronte a noi stessi, senza aver una “via di fuga”, ha invaso le nostre vita in maniera dirompente e impattante causando un cambiamento repentino nel nostro stile di vita. Questo nella maggior parte dei casi ha portato a scompensi o a un acutizzarsi di sintomatologie pre-esistenti. Il Covid-19 ci ha lasciati “soli”, costretti in spazi spesso angusti e problematici. Ci ha messi difronte a noi stessi, alle nostre paure e ai nostri temi dolorosi. La pandemia infatti è un evento traumatico per eccellenza, un disastro collettivo e, in quanto tale, può generare reazioni di stress disfunzionale. La ricerca ha evidenziato che l’esposizione diretta o indiretta a esperienze traumatiche costituisce un fattore di rischio grave per la salute mentale di adulti e bambini; oltre a questo il trauma causato da disastri collettivi può interferire con le funzioni sociali, cognitive ed emotive. Uno studio condotto in Cina ha sottolineato come dei 7236 partecipanti, il 35,1% mostrava sintomi legati al disturbo d’ansia generalizzato , il 20,1% mostrava sintomi depressivi e il 18,2% aveva problemi legati alla qualità del sonno (Huang e Zhao, 2020). Un recente studio pilota promosso dal Dipartimento di Scienze Biomediche di Humanitas University, condotto in Italia su 2400 persone, ha riscontrato l’impatto negativo costante di covid-19 sulla salute mentale, con il 16-18% dei partecipanti che mostrano sintomi di ansia e depressione; i più esposti sarebbero le donne, i giovani, chi soffre di disturbi del sonno, chi aveva uno stato di salute già precario o chi ha parenti con covid-19; i pazienti con disturbi psichiatrici preesistenti hanno riferito di un peggioramento dei sintomi (Caldirola e Perna, 2021).
2. Nella sua esperienza cosa è cambiato nell’ultimo anno?
Nella mia esperienza professionale nell’ultimo anno ho riscontrato un aumento dei disturbi d’ansia e depressivi, ipocondria, panico e disturbo ossessivo-compulsivo. Sempre più frequenti i casi di minori e adolescenti che soffrono l’isolamento sociale assieme al disagio dei genitori nell’occuparsi dell’organizzazione familiare; aumentate le crisi coniugali e di coppia. L’impatto con il “nemico invisibile” difatti è stato talmente violento e capillare da andare a scompensare le nostre vite, il nostro lavoro e le nostre relazioni. L’ultimo anno ci ha privati del contatto, degli affetti, ci ha tolto quei momenti di svago e di aggregazione che ci permettevano di “ricaricarci” dopo le settimane lavorative. Molte persone hanno perso il lavoro, tantissimi rischiano il fallimento, i nostri ragazzi sono isolati nelle loro case davanti ad un computer in DAD, socializzano attraverso i social network (instagram, tik tok ecc.) o i videogiochi, unici strumenti di connessione che occupano ormai tutto il loro spazio mentale. Tutti noi stiamo affrontando perdite più o meno grandi e moltissime persone hanno perso i propri cari dovendo affrontare il lutto spesso nell’impossibilità di celebrare il rito funebre (saltando un passaggio fondamentale per l’elaborazione del trauma). L’isolamento ha prodotto cambiamenti fisiologici e sociali, una modifica del ritmo sonno-veglia, dell’attività fisica, dell’alimentazione, dell’esposizione alla luce solare, dello spazio dedicato alle ore di lavoro con la tendenza a raggiungere ritmi altamente stressanti; tutti questi elementi possono avere un impatto diretto sul nostro cervello emotivo e disregolarlo. Siamo dentro la perdita. Paura, rabbia, tristezza e noia sono le emozioni che sperimentiamo maggiormente. La paura che ci allerta mettendoci nelle condizioni di proteggerci, la rabbia legata all’impotenza, all’impossibilità del cambiamento e alla frustrante attesa, la tristezza che ci ricorda ciò che tanto ci manca, la noia che ci mette difronte all’assenza di stimoli. Spesso siamo soli nell’affrontare il nostro mondo interno e trovare le risorse in totale autonomia non è sempre semplice.
Chi sono le persone che ricorrono alla psicoterapia e come affrontano il percorso terapeutico?
Le persone che ricorrono alla psicoterapia sono persone come me e come Lei. Sono persone come noi, che, nella maggior parte dei casi, ad un certo punto della propria vita si accorgono “di essere importanti” e di aver probabilmente per troppo tempo trascurato se stessi, a volte quasi arrivando a perdersi. Il Covid-19 ha in un certo senso, facilitato, anzi direi quasi “reso obbligatorio”, questo lavoro di introspezione dando ad alcune persone una spinta a richiedere aiuto.Generalmente le persone che intraprendono un percorso di psicoterapia sono persone che si interrogano sulla propria sofferenza e sul proprio dolore che non sempre risiede in una stintomatologia franca come attacchi di panico, ossessioni, depressione, ansia generalizzata…, che ad un certo punto decidono di voler capire qual è il loro ruolo attivo all’interno di questa sofferenza e come possono fare per cambiarla, per ridurla o, a volte, per conviverci. La maggior parte del disagio viene dalle difficoltà di stare in relazione con gli altri e in primis con se stessi. Nelle relazioni con le figure primarie d’attaccamento prima, e con il gruppo dei pari successivamente, si formano i modelli operativi interni ovvero delle rappresentazioni interne su Sé, sugli Altri e sul Mondo. Modi di “sentire” e di “stare nel mondo” che orienteranno le nostre scelte e troveranno conferma nelle relazioni future, generando spesso dei circoli viziosi disfunzionali. In terapia si lavora principalmente sul riconoscimento e sulla modifica di queste rappresentazioni e di questi circoli viziosi.
D.ssa Ragusa lei è una psicologa e psicoterapeuta specializzata in terapia EMDR, recentemente il cantante Michele Bravi ha dichiarato di aver superato il trauma con la terapia EMDR, ci spiega cos’è e come funziona?
La Terapia EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing: Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari) è un approccio terapeutico utilizzato per il trattamento del trauma e di problematiche legate allo stress post traumatico o a situazioni emotivamente stressanti; per trauma si intendono sia “grandi” traumi (T) come incidenti, lutti, abusi, catastrofi naturali, terremoto, pandemia ecc. sia quelli che noi chiamiamo “traumi dell’Attaccamento” (t) ovvero il ripetersi di esperienze precoci infantili avverse e/o traumatiche che generano modi di percepirsi, di sentire e di stare nel mondo che si ripetono, come vi raccontavo precedentemente. L’EMDR si focalizza sul ricordo dell’esperienza traumatica che ha generato il problema attuale andando a recuperare e ad elaborare i ricordi che sono rimasti “intrappolati” nelle reti neurali in modo disfunzionale e che impediscono all’individuo di funzionare nel presente. L’elaborazione dei ricordi avviene utilizzando un protocollo strutturato standardizzato che al suo interno prevede dei set di stimolazione oculare bilaterale o altre forme di stimolazione alternata destro/sinistra. Dopo una o più sedute di EMDR, i ricordi disturbanti legati all’evento traumatico hanno una desensibilizzazione (perdono la loro carica emotiva negativa). Il cambiamento è molto rapido, indipendentemente dagli anni che sono passati dall’evento. L’immagine cambia nei contenuti e nel modo in cui si presenta, i pensieri intrusivi in genere si attutiscono o spariscono, diventando più adattivi dal punto di vista terapeutico e le emozioni e sensazioni fisiche si riducono di intensità. L’elaborazione dell’esperienza traumatica che avviene con l’EMDR permette al paziente, di cambiare prospettiva, cambiando le rappresentazioni su di sé, incorporando emozioni adeguate alla situazione. Questo permette, in ultima istanza, di adottare comportamenti più adattivi nel presente.
5. Si pensa ancora che andare in analisi sia una specie di lusso che si possono permettere in pochi?
“Non vi è salute se non c’è salute mentale” afferma l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). La sfera mentale è a pieno titolo parte integrante del benessere della persona, intesa sia nella sua individualità, sia nella sua sfera sociale. A tal proposito, con la pubblicazione del Decreto sui nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), il diritto dei cittadini all’assistenza psicologica è diventato norma dello Stato. Tuttavia nel Servizio Sanitario pubblico è mancata e manca, allo stato attuale, una programmazione nazionale per le attività psicologiche e un programma di prevenzione e cura primaria che preveda lo psicologo in affiancamento al Medico di famiglia. Nella popolazione, specialmente qui al sud, si riscontra ancora una sostanziale diffidenza in relazione alla figura professionale dello psicologo, sicuramente avvallata dalla scarsa considerazione di tipo politico-progettuale. Basti guardare al basso numero di psicologi e psicologhe nei reparti ospedalieri o negli Istituti scolastici. In questi presidi spesso, gli interventi relativi al supporto psicologico sono demandati, ancora oggi, a professionisti che ricoprono cariche volontaristiche o mal retribuite, proprio al fine di sopperire alla penuria di personale, qualora previsto. Questa mancanza si ripercuote inevitabilmente sul cittadino il quale non ha possibilità di accesso a cure psicologiche primarie. Educare la cittadinanza all’importanza della salute psicologica passa, sicuramente, anche da una legittimazione e da un pieno riconoscimento istituzionale che non sia solo su carta. Resta a mio avviso una forte domanda sommessa, che vede il cittadino sicuramente non incentivato a comprendere le caratteristiche del lavoro psicologico, riconoscendo l’approccio di tipo medico-psichiatrico come unico possibile o ricorrendo alla psicoterapia in contesti privati dovendo sostenere costi elevati non sempre alla portata di tutti. Ritengo che questa pandemia ci abbia largamente insegnato che prevenzione e salute vogliono dire anche e soprattutto benessere emotivo, senza passare necessariamente dal concetto di “cura” e di “disturbo mentale” ma facendo entrare nella vita di tutti i giorni l’attenzione ai nostri meccanismi emotivi e alla gestione del nostro mondo interno.
Chi è Marika Ragusa
Psicologa e Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale, si laurea in Scienze e Tecniche Psicologiche nel 2008 presso l’Università degli studi di Bari “Aldo Moro” e si specializza, presso il medesimo Ateneo, in Psicologia Clinica dello Sviluppo e delle Relazioni nel 2010. Nel 2011 consegue un Master Universitario di II livello in “Psicodiagnostica e Valutazione Psicologica” presso la LUMSA di Roma. Nel 2016 si specializza in Psicoterapia Cognitiva e Cognitivo Comportamentale presso la Scuola di Specializzazione quadriennale “Studi Cognitivi” di San Benedetto del Tronto. Dal 2016 al 2018 lavora come psicoterapeuta presso il Centro Clinico della Scuola di Formazione Studi Cognitivi svolgendo attività di Psicodiagnostica e Valutazione Psicologica, Psicoterapia individuale, Psicologia dell’Emergenza, Conduzione di gruppi di Psicoterapia e skills training e attività di Formazione per gli studenti della scuola. Negli stessi anni si forma in Schema Therapy per il trattamento dei Disturbi di Personalità e acquisisce la certificazione in E.M.D.R. di I e II livello,trattamento di elezione per il trauma e i disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti, rilasciata dal Centro di Ricerche e Studi in Psicotraumatologia (CRSP). Nel 2019 acquisisce la certificazione di I livello in Compassion Focus Therapy. Dal 2021 frequenta il Master Biennale in Psicoterapia della Famiglia e della Coppia presso l’Istituto Gestalt di Puglia. Svolge attualmente la libera professione a Bari, occupandosi di minori, adolescenti e adulti e di Psicoterapia individuale, di coppia e di Gruppo. Nella sua esperienza clinica ha trattato principalmente di disturbi di personalità, disturbi correlati ad eventi traumatici e stressanti, disturbi d’ansia, panico e fobie, ansia sociale, depressione, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (anoressia, bulimia, disturbo da alimentazione incontrollata).