Stas, così si chiama il 27enne fuggito dalla guerra, con una diagnosi precisa non dovrà più fare terapie che potevano anche peggiorare la sua condizione. Adesso spera di poter tornare nella sua terra, a Leopoli: «Grazie Italia! Speriamo di tornare presto in Ucraina. Chiediamo solo di vivere in pace nelle nostre case».
Sarà finalmente dimesso nelle prossime settimane Yevstakhii Zelinskyi, per gli amici Stas, il paziente ucraino di 27 anni arrivato nell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo nell’aprile del 2022 per fuggire dalla guerra e trovare cure più efficaci per la sua malattia. È scappato dal suo paese insieme a sua madre grazie ad un gruppo spontaneo di cittadini che, con Missione Maestro, guidati dal regista Antonio Giampaolo, subito dopo l’inizio della guerra hanno iniziato spontaneamente a portare aiuti in Ucraina con l’apporto di volontari da tutta Italia. Nei territori colpiti dai primi bombardamenti russi, i volontari hanno evacuato donne e bambini e tra questi, a Leopoli, c’era un paziente con una malattia neurologica e gravi difficoltà di deambulazione.
Arrivato in Puglia Stas aveva con sé una diagnosi di malattia neurologica complessa da 10 anni, definita come “sospetta sclerosi multipla”. Dopo il ricovero, comparando le sue risonanze magnetiche con quelle tipiche dei pazienti con sclerosi multipla, lo staff della Neurologia ha subito compreso che qualcosa non quadrava.
Con un approccio multidisciplinare ‒ che ha coinvolto anche le unità di Neuroradiologia, Riabilitazione Fisica e Rianimazione II ‒ gli specialisti si sono convinti che la sua fosse sì una malattia demielinizzante, ma non definibile come sclerosi multipla.
«Abbiamo così deciso di analizzare e studiare il liquor, un liquido del sistema nervoso centrale e i suoi campioni ematici ‒ hanno sottolineato i neurologi Danilo Fogli e Maria Bianchi ‒. Con la collaborazione del Laboratorio di Neuropatologia del Policlinico Gian Battista Rossi di Verona sono stati così individuati degli anticorpi che definiscono una sindrome “rara”, da poco identificata: encefalite autoimmune associata ad anticorpi anti-mog, una malattia che caratterizza l’1.5% delle malattie demielinizzanti. In pratica Stas ‒ spiegano i medici ‒ ha una complessa infiammazione cronica ai tessuti cerebrali causata da anticorpi che improvvisamente “impazziscono” ed attaccano i tessuti sani del cervello, provocando infiammazioni che si acutizzano e che con appositi trattamenti tornano in condizioni di quiescenza clinica».
«Adesso Stas ha una diagnosi precisa di malattia autoimmune rara che coinvolge il Sistema Nervoso Centrale e potrà seguire terapie mirate per controllare in maniera più adeguata l’andamento clinico ‒ ha sottolineato Giuseppe d’Orsi, dal mese di maggio direttore dell’Unità di Neurologia dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza ‒. Nel corso della degenza nel nostro reparto ha presentato un improvviso peggioramento delle sue condizioni cliniche con una sintomatologia neurologica e polmonare acuta che ha necessitato anche del supporto rianimatorio, e con un graduale miglioramento dopo terapie mirate a base di cortisone e di immunoglobuline. La diagnosi di precisione ha permesso di impostare una terapia mirata cronica immunosoppressiva che si spera possa essere continuata anche nel suo paese. Probabilmente nelle prossime settimane – ha concluso il primario – il paziente sarà dimesso per essere destinato ad una struttura residenziale riabilitativa. Per lui il cammino è ancora lungo e difficile. Continueremo a seguirlo a distanza anche in relazione ai principi di solidarietà ed affetto verso una persona sofferente a cui tutti in reparto si sono molto legati in questi mesi».
Stas non vede l’ora di tornare in Ucraina, anche se c’è la guerra. È a San Giovanni Rotondo dal 21 aprile assieme a sua madre Alina, accolta dal Centro di Accoglienza Santa Maria delle Grazie della Fondazione Casa Sollievo della Sofferenza.
«Vogliamo ringraziare tutti ‒ ha spiegato Stas con l’aiuto di sua madre‒, innanzitutto Antonio e i volontari di Missione Maestro che ci hanno portato fin qui a San Giovanni Rotondo per le cure. In Ospedale ci sentiamo in famiglia, ci stiamo ormai da 5 mesi. Non smetteremo mai di ringraziare medici, infermieri, OSS, tecnici, e tutto il personale con il quale abbiamo stretto una bella amicizia. Adesso speriamo presto di tornare nella nostra terra, a Leopoli, che qualcuno vuole sottrarci. In fondo ‒ hanno concluso ‒ noi chiediamo solo di vivere in pace nelle nostre case. Grazie all’Italia per tutto l’affetto e per le cure. Non lo dimenticheremo mai».