L’ultimo caso che ha visto impiegata questa tecnologia ha riguardato un paziente di 49 affetto da un carcinoma squamoso della mandibola, è durato 7 ore. Al lavoro due equipe chirurgiche coordinate dalla prof. Chiara Copelli
Un modello realizzato con la stampante 3D della mandibola del paziente consente in sala operatoria all’equipe di chirurgia maxillo-facciale del Policlinico di Bari di ricostruire tale struttura in modo più veloce e preciso e ridurre le complicanze. L’ultimo caso che ha visto impiegata questa tecnologia ha riguardato un paziente di 49 affetto da un carcinoma squamoso della mandibola, un tumore maligno estremamente aggressivo che aveva provocato nell’uomo una importante erosione ossea. Il trattamento chirurgico prevede la resezione della porzione di mandibola interessata dalla malattia e la successiva ricostruzione con un trapianto di osso prelevato dal medesimo paziente (in questo caso dal perone) ed effettuato con tecniche di microchirurgia.
“L’intervento si svolge in doppia equipe – spiega la prof. Chiara Copelli, direttrice dell’unità operativa di chirurgia maxillo-facciale al Policlinico di Bari – Una prima equipe effettua la parte di demolizione, quindi la resezione del tumore e l’asportazione dei linfonodi del collo, e una seconda equipe, afferente alla stessa unità operativa, effettua contemporaneamente il prelievo dell’osso che viene utilizzato per la ricostruzione”.
Ed è proprio in questa fase, che prevede il modellamento dell’osso e il suo trapianto nella sede da ricostruire, che la tecnologia aiuta. Durante la pianificazione dell’intervento, effettuata il giorno prima, dal confronto di tac e ricostruzioni 3D, vengono stampati i modelli tridimensionali delle fasi di resezione e ricostruzione. Ciò consente di abbreviare i tempi in sala con una ricostruzione molto più veloce e precisa delle strutture asportate, in questo caso la mandibola.
“Questi interventi – spiega il dott. Alfonso Manfuso, dirigente medico dell’unità operativa maxillo facciale – possono durare dalle 7 alle 12 ore, migliorare la velocità e la precisione della fase ricostruttiva riduce in maniera importante i tempi e le eventuali complicanze e problematiche ischemiche nel tessuto trapiantato. L’ultimo intervento è durato 7 ore, il paziente sta bene ed è stato avviato alla fase riabilitativa. E’ stato fondamentale il supporto dato dalla terapia intensiva post-operatoria dove il paziente è stato monitorato per le prime ore post-intervento”.