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Tumori del fegato, al “Giovanni Paolo II” di Bari eseguito il 150° trattamento di radioembolizzazione


Importante traguardo per l’Istituto Tumori di Bari dove, nei giorni scorsi, è stata eseguita la 150° procedura di radioembolizzazione di un tumore del fegato, un intervento che prevede la somministrazione di un farmaco radioattivo, l’ittrio 90, per distruggere il tumore salvaguardando i tessuti sani dell’organo. Si tratta di una tecnica eseguita in pochi centri in tutta Italia, per la quale l’Istituto Tumori di Bari è punto di riferimento, sia per il numero di trattamenti eseguiti, sia l’esperienza maturata negli anni: la prima radioembolizzazione è stata fatta qui nel 2016.

«In 8 anni, 150 interventi», così il direttore generale Alessandro Delle Donne. «Questo significativo risultato rappresenta una garanzia per i pazienti e motivo d’orgoglio per il personale impegnato, i team di oncologia interventistica e di fisica sanitaria, che possono vantare professionalità e competenze acquisite negli anni, in sala operatoria e al letto del paziente. Grazie al loro lavoro, questo Istituto ha la possibilità di proporre a tanti pazienti con un tumore grave, spesso non operabile, un’opzione terapeutica efficace, poco invasiva, tarata a misura del singolo paziente».


La tecnica prevede la somministrazione di un farmaco radioattivo che viene importato dall’estero, nella dose terapeutica specifica per singolo paziente. Il farmaco viene quindi iniettato nell’arteria epatica con una semplice puntura dell’arteria femorale, senza incisioni. L’intera procedura, durante la quale il paziente è sveglio e vigile, dura appena qualche minuto. Il farmaco iniettato resta attivo per circa 3 mesi e agisce portando alla necrosi del tumore senza danneggiare i tessuti sani del fegato. Il paziente può essere sottoposto a questo tipo di procedura solo dopo attenta valutazione del team multidisciplinare che lo segue e dopo una prima fase di diagnosi che verifica la fattibilità del trattamento. L’intera procedura è resa possibile anche grazie alla collaborazione con l’unità operativa di medicina nucleare del Policlinico di Bari, con la quale l’istituto oncologico ha sottoscritto una specifica convenzione. Dopo l’intervento, il paziente si sottopone ad una serie di controlli per verificare l’efficacia del farmaco sul tumore.


«Questi interventi di alta complessità – commenta il presidente del Consiglio di Indirizzo e Verifica dell’Istituto, Gero Grassi – hanno consentito in questi anni a tanti pazienti pugliesi di curarsi a casa propria, senza faticosi e costosi viaggi della speranza».