I costi sociali che gravano sui pazienti e sulla collettività sfiorano i 62 miliardi di euro all’anno. Gli impatti sul lavoro e nella vita quotidiana: per il 72,5% dei malati il dolore è il grande rimosso della nostra società
Due italiani su dieci soffrono di dolore cronico. Sono 9,8 milioni gli italiani che soffrono di dolore cronico di intensità moderata o severa. Corrispondono al 19,7% degli italiani maggiorenni: due su dieci. Si oscilla tra il 14,7% dei giovani, il 21,1% degli adulti e il 20,9% degli anziani. Con una prevalenza femminile: il 21,2% delle donne rispetto al 18,1% degli uomini. È quanto emerge dal 1° Rapporto Censis-Grünenthal «Vivere senza dolore».
Costi sociali per quasi 62 miliardi all’anno. Il dolore cronico di intensità moderata o severa determina elevati costi sociali, considerando l’insieme delle spese a carico dei malati, il costo delle prestazioni sanitarie a carico del Servizio sanitario nazionale, la mancata produttività dei pazienti, i servizi di assistenza di cui necessitano e il «care» informale. Sono stimati in 6.304 euro in media all’anno per paziente, di cui 1.838 euro di costi diretti e 4.466 euro di costi indiretti. I costi diretti sono in capo ai pazienti per 646 euro e 1.192 euro ricadono sul Servizio sanitario nazionale. Complessivamente, i costi sociali del dolore cronico di intensità moderata o severa in Italia sono stimati in 61,9 miliardi di euro all’anno. Le spese private afferenti alla gestione e alla cura della patologia pesano «molto» o «abbastanza» sul bilancio familiare per il 66,5% dei malati, per il 28,0% pesano in misura ridotta e solo per il 5,5% non incidono significativamente. Le spese private pesano «molto» o «abbastanza» sui budget familiari del 76,0% delle persone con redditi bassi e del 48,3% delle persone più abbienti.
Il duro impatto sulla qualità della vita dei malati. Per il 67,8% dei malati il dolore cronico di intensità moderata o severa incide «molto» (11,1%) o «abbastanza» (56,7%) negativamente sulla vita quotidiana e sul proprio benessere. Per il 28,2% incide negativamente ma in misura ridotta e solo per il 4,0% non ha effetti negativi. In ogni caso, per il 92,8% dei malati il dolore cronico di intensità moderata o severa condiziona le proprie attività quotidiane e solo il 7,2% ci convive senza rilevanti effetti negativi. I vincoli nella vita quotidiana sono: le difficoltà nel sollevare oggetti (per il 60,2%), fare ginnastica o altro esercizio fisico (59,3%), dormire (50,5%), passeggiare (49,0%), svolgere le faccende domestiche (48,5%), partecipare alle attività sociali e ricreative (36,8%), guidare l’automobile (23,6%), gestire le relazioni con i familiari e con gli amici (23,2%), il desiderio e le relazioni sessuali (22,7%), le ordinarie attività quotidiane come lavarsi e vestirsi (22,6%), l’alimentazione (18,6%). Ulteriori effetti negativi sulla condizione psico-fisica dei malati sono: il 48,8% avverte apatia, perdita di forze, debolezza, il 38,2% tende facilmente alla commozione, il 37,0% vive stati di ansia e di depressione, il 30,8% soffre di vertigini. Perciò al 38,2% capita di dover ricorrere a forme di supporto da parte di familiari, amici o volontari.
Le difficoltà nel lavoro. Per il 40,6% dei malati l’insorgenza della patologia ha avuto conseguenze negative sul proprio lavoro. Il 35,4% ha dovuto mettersi in malattia, il 30,8% ha dovuto chiedere permessi per recarsi dal medico e per effettuare le terapie, il 27,7% ha dovuto assentarsi spesso dal lavoro, il 25,0% ha ridotto il rendimento (e quindi le opportunità di carriera), il 13,3% ha dovuto cambiare mansioni, l’11,8% ha dovuto ridurre l’orario ricorrendo al part time (cui corrisponde una retribuzione ridotta), il 5,8% ha dovuto lavorare da casa, il 3,8% è stato costretto a cambiare lavoro perché l’impiego non era più compatibile con le problematiche legate al dolore. Addirittura, l’11,1% dei malati ha dovuto smettere di lavorare a causa del dolore cronico e l’1,2% è stato licenziato. Inoltre, il 41,3% dei malati occupati dichiara che la propria condizione viene talmente sottovalutata al lavoro da essere considerata un pretesto per assentarsi o per impegnarsi di meno.
Vite quotidiane tra solitudine e incomprensione. Il 62,1% dei malati riesce a tenere il dolore sotto controllo grazie a farmaci, terapie e trattamenti. Tuttavia, il 56,5% dei malati ritiene che nessuno capisca veramente la sofferenza causata dal dolore cronico e il 46,7% si sente solo con il proprio dolore. Il 36,4% ha la sensazione che persino il proprio medico sottovaluti la patologia. Più in generale, per il 72,5% dei malati il dolore nella nostra società è decisamente sottovalutato.
Che cosa si aspettano i malati. Per l’81,7% il dolore dovrebbe essere riconosciuto come una patologia a sé stante. Per l’86,2% è fondamentale istituire, nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, uno specialista di riferimento per il dolore cronico di intensità moderata o severa o un servizio specificamente dedicato.
Questi sono i principali risultati del 1° Rapporto Censis-Grünenthal «Vivere senza dolore», che è stato presentato da Francesco Maietta del Censis e discusso da Laura Premoli, General manager Grünenthal Italia, Luciano Ciocchetti, Vicepresidente Commissione Affari sociali della Camera dei Deputati, Leonardo Consoletti, Presidente di Federdolore (Sicd), Gabriele Finco, Presidente dell’Associazione italiana per lo studio del dolore (Aisd), Ilenia Malavasi, componente della XII Commissione Affari sociali della Camera dei Deputati, Silvia Tonolo, Presidente Associazione nazionale malati reumatici (Anmar), e Alessia Violini, responsabile dell’Area culturale Acd-Siaarti.