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Studio UniBa sull’importanza di una diagnosi e un trattamento precoce per ridurre accumulo di disabilità irreversibile nei pazienti con Sclerosi Multipla a esordio pediatrico

Il gruppo di Ricerca Sclerosi Multipla (SM) del Dipartimento di Biomedicina Traslazionale e Neuroscienze dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro ha recentemente pubblicato uno studio volto a comprendere gli aspetti che legano il rischio di accumulare disabilità neurologica irreversibile all’età nei pazienti con SM.

Il lavoro è il frutto di una collaborazione tra il Gruppo di Ricerca fondato e diretto dalla prof.ssa Maria Trojano e ricercatori del Dipartimento NeuroFarBa (Neuroscienze, Psicologia, Area del Farmaco e Salute del Bambino) dell’Università di Firenze guidati dalla prof.ssa Maria Pia Amato.

Utilizzando i dati raccolti attraverso il Registro Italiano Sclerosi Multipla e Patologie Correlate (Progetto reso possibile da un Accordo di Programma stipulato tra Università degli Studi di Bari Aldo Moro rappresentata dalla prof.ssa Maria Trojano – e Fondazione Italiana Sclerosi Multipla (FISM)) è stato possibile analizzare la storia clinica di oltre 16000 persone con SM.

Ad oggi esistono prove inequivocabili provenienti da studi clinici e studi osservazionali che la progressione indipendente dall’attività di ricaduta (PIRA) è la causa più frequente di accumulo di disabilità nei pazienti con SM, il che mette in discussione la rigida distinzione tra fenotipi recidivanti e progressivi.

Tuttavia, ad oggi uno dei quesiti insoluti riguarda il contributo relativo del PIRA e del RAW (peggioramento associato alla recidiva) nella popolazione pediatrica con SM. Essa rappresenta una fase altamente infiammatoria della malattia in cui il decorso della stessa è quasi sempre recidivante. Abbiamo quindi ipotizzato che in questa popolazione giovane il principale fattore di accumulo della disabilità dovesse essere il RAW. La disponibilità di un ampio set di dati di 16.130 pazienti nel Registro italiano SM, tra cui 1.383 SM a esordio pediatrico, seguiti in tutta le fascia di età, ci ha portato a fare luce su questo problema.

I nostri dati indicano che l’incidenza cumulativa degli eventi PIRA era quasi assente prima dei 18 anni, mostrava un aumento minimo all’età di 20 anni (1,3%), aumentava rapidamente da 21 a 30 (9%) e poi quasi raddoppiava per ogni decade di età dai 40 ai 70 anni. L’incidenza cumulativa degli eventi RAW ha mostrato un andamento simile. È importante sottolineare che il trattamento ritardato con farmaci modificanti la malattia era associato a un rischio più elevato di PIRA e RAW, mentre un’esposizione più lunga a questi farmaci era protettiva. 


I risultati del nostro studio evidenziano che nonostante il PIRA sia raro prima dei 18 anni, l’esordio pediatrico della malattia non è completamente protettivo contro la PIRA. Infatti, il 40% dei soggetti con esordio pediatrico ha sperimentato il PIRA quando erano ancora giovani, in un follow-up di circa un decennio. Inoltre, i nostri dati confermano quanto la diagnosi precoce e il trattamento precoce rimangano i pilastri della gestione di questa popolazione giovane. 

In definitiva, una diagnosi precoce e accurata e un trattamento precoce sono essenziali nei pazienti con SM a esordio pediatrico, poiché sono a rischio di accumulo di disabilità irreversibile quando sono ancora molto giovani.

L’articolo è stato pubblicato sulla rivista JAMA Neurology, che con un impact factor di 29 è una delle principali riviste scientifiche al mondo nel campo delle neuroscienze.

L’articolo è stato firmato come primo autore dal prof. Pietro Iaffaldano, come ultimo autore e corresponding author dalla prof.ssa Maria Trojano

Ulteriori coautori interni all’Università di Bari sono la prof.ssa Marta Simone, il dr. Giuseppe Lucisano, il dr. Tommaso Guerra, la dr.ssa Alessia Manni e il prof. Damiano Paolicelli.

Questo il link all’articolo:
https://jamanetwork.com/journals/jamaneurology/article-abstract/2812352