La DBS (“Deep Brain Stimulation”- Stimolazione Cerebrale Profonda) è una tecnica chirurgica complessa che, mediante l’impianto di elettrodi a livello cerebrale profondo, permette di stimolare circuiti cerebrali, compensando squilibri dovuti alla carenza di neuroni dopaminergici nella malattia di Parkinson. Viene proposta ai malati in fase avanzata con discinesie e blocchi motori importanti, non più controllabili dalla terapia farmacologica.
La novità tecnologica è rappresentata dall’utilizzo dei micro-elettrodi direzionali che sono in grado di stimolare in maniera settoriale e direzionale i nuclei cerebrali bersaglio, minimizzando gli effetti collaterali che a volte la DBS può provocare.
Presso la Struttura Complessa di Neurochirurgia del “Policlinico Foggia” è stato effettuato il primo intervento chirurgico di DBS in awake surgery (chirurgia da sveglio), Framless (senza casco stereotassico) e con l’utilizzo di elettrodi direzionali che permettono una stimolazione cerebrale profonda solo in determinati momenti, ovvero quando i sintomi fluttuanti richiedono un trattamento. I vantaggi di questo nuovo trattamento della malattia sono offerti dalla possibilità di avere dati individuali e specifici del paziente, monitorati dall’operatore su computer nel dettaglio, per consentire una terapia veramente personalizzata in grado di migliorare la qualità della vita della persona.
“Si tratta di procedure estremamente delicate, che richiedono una precisione millimetrica, da effettuare a paziente sveglio, in modo che possa collaborare attivamente durante la procedura – dichiara il Direttore della Struttura di Neurochirurgia dott. Antonio Colamaria, che insieme al dott. Savino Iodice, si occupa delle fasi di pianificazione e impianto del neurostimolatore. “Questi interventi richiedono personale altamente specializzato e sofisticate strumentazioni”.
Per raggiungere un simile obiettivo presso il “Policlinico Foggia” è stata istituita una equipe multidisciplinare in cui, oltre ai neurochirurghi Dott Colamaria e Dott Iodice, sono coinvolti il neurologo dott. Donato Melchionda della Struttura di Neurologia Universitaria, diretta dal prof. Carlo Avolio, gli anestesisti dott. Paolo Pugliese e dott. Giuseppe Ferrara della Struttura di Anestesia e Rianimazione Universitaria, diretta dalla prof. ssa Gilda Cinnella, ed i neuroradiologi diretti dal prof. Luca Macarini.
“Il Neurologo si occupa di selezionare i pazienti che possono trarre massimo beneficio da questo trattamento. Noi Neurochirurghi pianifichiamo la procedura e la mettiamo in atto in sala operatoria dove è altresì indispensabile la figura del Neurofisiologo e del Neurologo che, in tempo reale, testano l’effettiva efficacia della stimolazione sui sintomi del paziente. Se, infatti, il paziente presenta tremore e ipertono, questi sintomi diminuiranno fino a scomparire entro pochi secondi. I vantaggi – prosegue il dott. Colamaria – sono evidenti dopo l’impianto a seguito del quale i pazienti presentano un buon controllo dei sintomi principali della malattia come il tremore, la rigidità, la lentezza dei movimenti (bradicinesia); migliorano notevolmente anche le fluttuazioni e le discinesie dovute ai farmaci (in particolare alla levodopa). Infine, si ha anche un miglioramento del tono dell’umore, del ritmo sonno-veglia e del cammino. Per questo generalmente la terapia medica può essere ridotta”.