L’infezione SARS-CoV-2 tipicamente è legata a problemi di carattere respiratorio, ma la letteratura emergente suggerisce che può associarsi a diverse manifestazioni multiorgano, anche cardiache, tra cui la miocardite.
Uno studio dell’Unità operativa complessa di Diagnostica per immagini dell’ospedale Perrino di Brindisi, in collaborazione con l’Università di Pittsburgh, ha evidenziato che un’infiammazione del cuore può essere presente anche in soggetti che sono stati colpiti dal virus in forma asintomatica: pertanto nella popolazione di pazienti con anamnesi positiva per infezione asintomatica da Covid-19 potrebbe essere utile un follow-up cardiologico con monitoraggio clinico e strumentale. Lo studio è stato realizzato da Eluisa Muscogiuri, direttore dell’Unità operativa di Diagnostica per immagini, Roberto Del Villano e Francesco Mangini, che fanno parte dello stesso reparto, e Filippo Pigazzani della Scuola di Medicina dell’Università di Dundee (Scozia).
“La percentuale di infezione a decorso asintomatico – spiega Eluisa Muscogiuri – varia dal 50% a oltre l’80% e la mortalità improvvisa associata alla miocardite è stata stimata tra il 9 e il 12%. Siamo di fronte a un potenziale problema di grande rilevanza clinica, oltre che sociale ed economica. L’ipotesi per la quale il Covid-19 possa associarsi a malattia infiammatoria del miocardio in assenza di sintomi suggestivi in fase acuta – continua Muscogiuri – è supportata da crescenti evidenze. Per ora abbiamo esaminato tre pazienti, due uomini e una donna, età media 41 anni, ma allargheremo il nostro campo di indagine”.
Il campanello di allarme per i pazienti negativizzati può essere rappresentato, per esempio, da extrasistoli ventricolari con episodi di cardiopalmo, oppure un aumento di volume del ventricolo sinistro ai limiti superiori della norma e una riduzione della funzione sistolica globale.
Muscogiuri sottolinea che “il meccanismo del danno miocardico nel Covid-19 non è chiaro, ma si ritiene che sia multifattoriale e guidato principalmente dalla risposta immunitaria del soggetto mediata dalle citochine, dall’ipossiemia e dall’attacco diretto da parte del virus. Le manifestazioni cardiache includono il danno miocardico acuto di tipo infiammatorio, l’insufficienza cardiaca congestizia, la patologia coronarica acuta e le aritmie cardiache. Queste manifestazioni, nella quasi totalità dei casi, sono ricercate nel paziente con malattia clinicamente rilevante e in quel caso l’identificazione di complicanze cardiache da Covid è relativamente semplice. La diagnostica per immagini può sciogliere qualunque dubbio relativo a una miocardite, perché l’infiammazione del miocardio può essere globale, regionale o irregolarmente distribuita. Il presunto ‘gold standard’ – precisa – è rappresentato dalla biopsia miocardica che a volte può non risultare diagnostica se non c’è coinvolgimento cellulare globale del miocardio. A differenza dell’ecocardiografia e dell’imaging nucleare, la risonanza magnetica cardiaca è in grado di caratterizzare i tessuti, potendo identificare aree di aumentato spazio extracellulare, edema miocardico interstiziale e fibrosi. Gioca di fatto il ruolo di ‘gold standard’ per l’identificazione degli esiti del danno miocardico di natura infiammatoria e recentemente è stato anche proposto un algoritmo per l’impiego della Rmc in pazienti con infezione da Covid-19”.