Un progetto per affrontare le diverse tematiche che investono l’esercizio della professione medica al femminile. È quello approvato nel corso del consiglio dell’Ordine dei Medici di Bari. Per il “Progetto Donne Medico” si è costituito un gruppo di lavoro – Mariantonietta MONTEDURO (Coordinatore), Belinda GUERRA, Roberta LADISA, Daria LOSURDO, Sabrina CAPPELLETTA, Rosalinda CAPUTO, Rossella CARDINALE, Lucilla CRUDELE, Annunziata DE BELLIS, Olimpia DIFRUSCOLO, Agnese Maria FIORETTI, Marcella GRANIERI, Giuseppina GRASSO, Anna LAMPUGNANI, Magda LOGRIECO, Giuseppina MONTELEONE, Silvia PORRECA, Angela SARDARO, Ombretta SILECCHIA, Domenica TRITTO, Roberta VILLONI, Maria ZAMPARELLA, Giulia ZONNO – che promuoverà studi, analisi e momenti di confronto, in un contesto come quello attuale caratterizzato da un numero sempre maggiore di donne iscritte a medicine e che accedono alla professione.
Se, in totale, gli uomini rimangono la maggioranza, lo scenario cambia tra le fasce più giovani: negli under 65 le donne sono il 52,72%, mentre sotto i 40 anni costituiscono quasi il 60% dei medici (Dati Fnomceo). Eppure, sono ancora poche le donne medico che accedono a ruoli di rilievo all’interno dell’organizzazione sanitaria, così come poche sono quelle impegnate in attività sindacali. Una situazione che non è limitata alla professione medica, ma che diventa sempre più evidente grazie a questo processo di ‘femminilizzazione’ della professione.”La nostra professione è sempre più declinata al femminile, ma sconta un problema culturale ampio e profondo – ha spiegato Filippo Anelli, Presidente dell’Omceo Bari – Il gruppo di lavoro dell’Ordine nasce proprio per mettere a fuoco questo problema culturale, oltre che per proporre soluzioni concrete, che possano facilitare per esempio il bilanciamento vita lavoro per le donne medico. Occorre, ad esempio, che si modifichino i contratti, introducendo modalità flessibili di impiego“.
Il Consiglio dell’Ordine è stato anche occasione di confronto con i rappresentanti degli specialisti accreditati, una categoria costituita da medici che gestiscono strutture private che erogano servizi al SSN – dagli studi radiologici agli odontoiatri, dalla medicina di laboratorio a quella riabilitativa. Il nostro è infatti un sistema sanitario misto, che produce direttamente il 63% delle prestazione e acquista il 37% dal privato.Nelle regioni che sono in piano di rientro i tetti di spesa imposti alle strutture accreditate sono fermi da 15 anni e fanno riferimento ad un tariffario nazionale svilente per la professione: una visita costa 20,66 euro – meno di un’ora di lavoro di un infermiere – un campo visivo 16,78 euro, una detartrasi 9 euro. La dignità della professione è minacciata anche da un altro problema portato ieri al tavolo di confronto: da qualche anno molti centri di medicina accreditati, oberati dai carichi burocratici e amministrativi, vendono a grandi società. Il rischio è di tariffe sempre più basse, un maggiore sfruttamento del lavoro dei medici e di conseguenza meno garanzie per la salute dei pazienti. “Le liste di attesa non si risolvono senza gli accreditati. Oggi stiamo pagando conseguenze frutto di scelte non corrette e dobbiamo riscoprire l’orgoglio e la coesione della professione per una riconquistata dignità del nostro lavoro. Come presidente Fnomceo ho lanciato la questione medica perché si tornasse a investire sui medici, su chi ha le competenze all’interno del SSN. – ha dichiarato Anelli – Sul fronte delle SpA in ambito sanitario, abbiamo proposto un emendamento alla legge, per cui le società non possono esercitare la professione odontoiatrica. È un primo passo che punta a consentire solo le società tra professionisti, che hanno obblighi deontologici e rispondono ad un codice etico, mentre le SpA rispondono solo a obiettivi economici. Anche con formule moderne di gestione, la professione deve giocare la propria parte e tornare al centro” .