Studio dei ricercatori UniBasu Nature CommunicationsI ricercatori del Dipartimento di Medicina Veterinaria (DiMeV) dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, guidati dal Prof. Nicola Decaro (nella foto), Ordinario di malattie infettive degli animali, hanno condotto uno studio epidemiologico su SARSCoV-2 ed animali domestici che è stato recentemente pubblicato dalla prestigiosa rivista Nature Communications (https://www.nature.com/articles/s41467-020-20097-0).
Lo studio è il risultato della collaborazione tra le Università di Bari, Milano e Liverpool, la Liverpool School of Tropical Medicine, alcuni laboratori diagnostici veterinari (La Vallonea, i-Vet) e veterinari liberi professionisti.La ricerca, condotta tra marzo e maggio 2020, ha interessato 919 animali da compagnia (603 cani e 316 gatti) delle regioni maggiormente colpite dalla prima ondata pandemica (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna), i quali sono stati sottoposti ad esami molecolari e/o sierologici per la ricerca di SARS-CoV-2 e degli anticorpi specifici.
Alcuni di questi animali convivevano con pazienti umani positivi per COVID-19.I risultati hanno dimostrato che nessun animale era infetto dal virus al momento del campionamento, mentre il 3,33% dei cani ed il 5,76% dei gatti testati possedevano anticorpi neutralizzanti per SARS-CoV-2, documentando una pregressa esposizione al virus. I tassi di sieropositività più elevati sono stati riscontrati negli animali delle province con maggiore circolazione virale nell’uomo ed nei cani conviventi con pazienti positivi per COVID-19.
Per il Prof. Nicola Decaro, che ha coordinato la ricerca ed è autore di oltre 50 pubblicazioni internazionali sui coronavirus degli animali, questo studio conferma che cane e gatto possono infettarsi solo in maniera sporadica, specie se a stretto contatto con pazienti umani, e non rappresentano, al momento, un pericolo per l’uomo in relazione alla pandemia in atto.Il ringraziamento va soprattutto ai colleghi veterinari che hanno contribuito al campionamento ed ai tecnici del DiMeV che durante il lockdown hanno continuato a frequentare con assiduità i laboratori del dipartimento per poter condurre in tempo reale le analisi che hanno consentito di ottenere risultati importanti per la comunità scientifica internazionale.
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